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PENSIONE, SPECIALE RISCATTI

Il riscatto è un’operazione che consente, a pagamento, di recuperare ai fini pensionistici periodi di “non lavoro”.  La versione più classica è quella relativa agli studi universitari (il riscatto di laurea), la cui normativa risale a ben 45 anni fa (legge 114/1974).  La recente legge  su Quota 100 e Reddito di cittadinanza (legge n.26/2019) prevede nuove possibilità di recupero di periodi temporali ai fini pensionistici, indirizzati soprattutto verso i giovani, quei lavoratori la cui carriera è caratterizzata da lavori saltuari e interruzioni. Ma andiamo con ordine.

 

Periodi scoperti. È una facoltà che permette di riscattare, in via sperimentale per il triennio 2019-2021 e nella misura massima di cinque anni, periodi non soggetti a obbligo contributivo e non già coperti da contribuzione, comunque versata e accreditata, presso forme di previdenza obbligatoria.

La facoltà può essere esercitata da tutti i lavoratori (esclusi i professionisti iscritti a Casse autonome) privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995. Come detto, possono essere riscattati, in tutto o in parte nella misura massima di cinque anni, anche non continuativi, i periodi successivi al 31 dicembre 1995 e precedenti al 29 gennaio 2019.

Il periodo dev’essere compreso tra l'anno del primo e quello dell’ultimo contributo comunque accreditato (obbligatorio, figurativo, da riscatto). In sostanza, il periodo da ammettere a riscatto non dev’essere coperto da contribuzione obbligatoria, figurativa, volontaria o da riscatto, non solo presso il Fondo cui è diretta la domanda stessa, ma anche in qualsiasi forma di previdenza obbligatoria. Inoltre, è bene rimarcarlo, sono riscattabili soltanto i periodi non soggetti a obbligo contributivo.

 

No al lavoro nero. L’Inps (circolare n. 36/2019) sostiene che la facoltà in questione non può essere utilizzata per valorizzare periodi d’inadempienze contributive da parte del datore di lavoro (il lavoro nero), già disciplinato da una specifica normativa. I periodi di lavoro caduti in prescrizione possono essere infatti già recuperati (con una legge del 1969), sia da parte dell’azienda, sia dall’interessato, se l’azienda non esiste più. 

 

Quando costa.  L’onere relativo è determinato con il meccanismo del calcolo a “percentuale”, applicando l’aliquota contributiva di finanziamento in vigore alla data di presentazione della domanda nella gestione pensionistica ove opera il riscatto.  La base di calcolo dell’onere è costituita dalla retribuzione assoggettata a contribuzione nei dodici mesi precedenti la domanda ed è rapportata al periodo oggetto di riscatto. Questa retribuzione è attribuita temporalmente e proporzionalmente ai periodi riscattati.

In altre parole, per ogni anno da riscattare bisogna prendere a riferimento l’imponibile contributivo degli ultimi 12 mesi e la retribuzione o reddito; e poi calcolare l’aliquota vigente nella gestione previdenziale a cui si appartiene. Nel caso dei lavoratori dipendenti, la percentuale da applicare è il 33% del reddito imponibile previdenziale degli ultimi 12 mesi.  Un lavoratore che, per esempio, ha un imponibile di 20mila euro annui, per riscattare un anno dovrà versare 6.600 euro (20mila per 33%). Se questo riscatto interessa 5 anni, occorrerà moltiplicare per 5, e quindi l’onere di riscatto complessivo sarà di 33mila euro. Per cui, ai fini del diritto alla pensione, il lavoratore avrà 5 anni di contributi in più. Per quanto riguarda la misura della pensione, nei 5 anni si vedrà accreditata una contribuzione pari al reddito imponibile di 20 mila euro.

 

La richiesta. La domanda di riscatto può essere presentata dal diretto interessato o dal suo superstite o, entro il secondo grado, dal suo parente e affine. In tutte queste ipotesi, l’onere versato è detraibile dall’imposta lorda nella misura del 50%, con una ripartizione in cinque quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento e in quelli successivi. 

Il versamento dell'onere può essere effettuato in unica soluzione oppure in massimo 120 rate mensili, ciascuna d’importo non inferiore a 30 euro, senza applicazione d'interessi. La rateizzazione dell'onere non può essere concessa nei casi in cui i contributi da riscatto debbano essere utilizzati per l’immediata liquidazione della pensione, o nel caso in cui gli stessi siano determinanti per l'accoglimento di una domanda di autorizzazione al versamento dei contributi volontari. Qualora quest’avvenga nel corso della dilazione già concessa, la somma ancora dovuta dovrà essere versata in unica soluzione.

 

Un aiuto da azienda e Fisco. Per i lavoratori del settore privato, la domanda di riscatto può essere presentata anche dal datore di lavoro, utilizzando i premi di produzione spettanti al lavoratore interessato.  In tal caso, l'onere versato è deducibile dal reddito d’impresa. In sostanza, lavoratore e azienda possono decidere di destinare il premio di produzione al riscatto dei periodi non coperti da contribuzione.

Per quanto riguarda l’agevolazione fiscale, si realizza così un doppio vantaggio. Il datore di lavoro può dedurre il costo del riscatto, così come il premio di produzione normalmente erogato. Ma anche il lavoratore può vedersi escludere da tassazione il premio di produzione versato come contributo da riscatto. In questo caso non vi sarà quindi una detrazione del 50% dell’onere in favore del lavoratore (perché non sostiene lui l’onere), ma una deducibilità totale dei contributi previdenziali, come normalmente previsto per le somme utilizzate per i riscatti.

Poniamo il caso che il lavoratore abbia diritto a un premio di produzione di 2mila euro e decida di riscattare alcuni mesi di buchi contributivi tramite l’azienda. Quest’ultima avrebbe un costo deducibile dal reddito d’impresa di 2.000 euro. Il lavoratore si vedrebbe detratto dal reddito imponibile fiscale la cifra di 2.000 euro, che non rientrerà neanche nell’ipotesi di detassazione dei premi di produzione (aliquota sostitutiva del 10%). Se il lavoratore avesse deciso di riscattare in proprio questi contributi, versando i 2.000 euro di tasca propria, avrebbe ottenuto in cinque anni d’imposta, una detrazione di 1.000 euro complessivi, ossia 200 euro all’anno. Il premio di produzione percepito dal datore di lavoro seguirebbe il normale percorso di detassazione al 10% (200 euro di tassazione versata) o di aliquota ordinaria Irpef in caso di mancato accordo per la detassazione.

 

Riscatto della laurea. Normalmente durante il corso degli studi universitari, lo studente non svolge alcuna attività lavorativa. Per questo il nostro ordinamento valuta meritevole di una particolare tutela previdenziale l'impegno dello studente, consentendogli il recupero di questi periodi ai fini pensionistici.

 

Le condizioni per riscattare. Per poter effettuare il riscatto del periodo del corso legale di laurea sono necessari i seguenti requisiti:

1) il conseguimento del titolo di studio;

2) l’assenza di copertura contributiva in relazione al periodo da riscattare;

3) non aver chiesto il riscatto presso altro ordinamento pensionistico.

Possono essere oggetto di riscatto i periodi legali per il conseguimento di:

1) i diplomi universitari (corsi di durata non inferiore a 2 anni e non superiore a 3);

2) i diplomi di laurea degli ordinamenti universitari al 1999 (corsi di durata non inferiore a 4 e non superiori a 6) e di quelli successivi al 1999 (lauree triennali e specialistiche);

3) i diplomi di specializzazioni post laurea; dottorati di ricerca;

4) i diplomi rilasciati da istituti di alta formazione artistica e musicale.

Inoltre, se il titolo di studio ha valore legale in Italia, si può riscattare anche la laurea conseguita all’estero. Non possono essere riscattati i periodi d’iscrizione fuori corso.


 

La domanda. Può essere inoltrata in qualsiasi momento perché non è soggetta a termini di decadenza, e può riguardare anche un periodo inferiore a quello del corso legale di laurea. Il caso più frequente di riscatto parziale è quello di concomitanza tra servizio militare e frequenza universitaria. Un esempio per capire meglio. Il dottor Rossi, funzionario di banca, si è laureato in Economia e commercio (4 anni). Durante gli studi ha prestato il servizio militare per 12 mesi. Dal momento che la “leva” viene accreditata figurativamente (quindi senza alcun onere), il dottor Rossi può fare la domanda all’Inps per il riscatto di soli 3 dei 4 anni di studi universitari di economia.

Considerando che, tra laurea triennale e specialistica, il periodo di permanenza presso un’università può essere oggi di cinque anni, senza contare eventuali altri corsi o master, poter inserire i periodi di studio nel proprio fascicolo previdenziale rappresenta un vantaggio non trascurabile.

 

Quanto si spende. Il costo del riscatto varia a seconda del regime previdenziale in cui si è inquadrati: interamente retributivo (per chi ha 18 anni al 31-12-1995), misto (retributivo sino al 2011 e contributivo dal 2012 in poi) e solo contributivo (chi è assicurato dal primo gennaio 1996).

 

Il costo nel sistema “retributivo”. Con il sistema retributivo, l’onere da sostenere consiste nel versamento di una somma, definita tecnicamente riserva matematica, che all’ente previdenziale serve per coprire l’incremento di pensione che scaturisce dal riscatto. Si tratta, in altri termini, della quantità di capitale necessaria al fondo pensione per costituire una riserva tale da coprire il maggior onere finanziario derivante (in futuro) dall’aggiunta, nel calcolo della pensione, degli anni riscattati a quelli coperti da contribuzione obbligatoria.

Le modalità di conteggio della riserva matematica sono piuttosto complesse, e il risultato (la somma da versare) dipende da vari elementi tra cui il sesso, l’età e la retribuzione alla data della domanda. Le donne, per esempio, pagano più degli uomini, perché fruiscono del vantaggio (la pensione maggiorata dai periodi riscattati) qualche mese prima. In linea generale si può dire che più bassa è la retribuzione e più giovane l’età del richiedente, meno si paga.

La determinazione della riserva matematica avviene attraverso quattro operazioni:

1) calcolo della pensione annua “teorica” maturata alla data della domanda di riscatto, senza tenere conto del periodo da aggiungere;

2) calcolo della pensione annua “teorica” maturata alla data della domanda di riscatto, con l’aggiunta del periodo da riscattare;

3) calcolo dell’incremento di pensione, ossia la differenza tra la rendita con riscatto e quella senza riscatto;

4) applicazione all’incremento di pensione (in pratica il punto c meno il punto b) dei coefficienti di capitalizzazione, variabili in base alle caratteristiche (età, sesso e così via) di chi ha chiesto il riscatto. I coefficienti di capitalizzazione sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale (Supplemento ordinario) n. 258 del 6 novembre 2007.

 

Il costo nel sistema “contributivo”. Il conteggio è decisamente più facile se i periodi da riscattare, collocati dopo il 31 dicembre 1995, rientrano nel calcolo contributivo della pensione. In questi casi la spesa da sostenere non viene più determinata con il meccanismo della riserva matematica, ma applicando semplicemente alla retribuzione dell’anno precedente la domanda, l’aliquota contributiva obbligatoria del momento. 

Un dipendente, per esempio, deve sborsare, per ciascun anno da recuperare, il 33% della sua retribuzione. Facciamo un esempio. Il signor Rossi, giovane neoassunto, pensa di riscattare la laurea breve (tre anni). Il suo primo stipendio annuo è di 24mila euro. Per sapere quanto gli costa il riscatto, è sufficiente che calcoli il 33% di 24mila e moltiplichi il risultato per i tre anni di università. In totale deve spendere 23.760 euro. Anche in questo caso si può vedere che la spesa è tanto minore quanto prima si chiede il riscatto (ipotizzando, ovviamente, che al passare del tempo la retribuzione continui a crescere).

 

In attesa di lavoro. La facoltà di riscatto del periodo di studio è ammessa anche per i soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza, che non abbiano iniziato l'attività lavorativa. In quest’ipotesi, l'onere finanziario è determinato dal versamento di un contributo, per ogni anno da riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo previsto per le gestioni dei commercianti (15.878 euro al valore 2019), moltiplicato per l’aliquota di computo stabilita per i lavoratori dipendenti (33%). Per esempio, il riscatto di 5 anni di studio per un soggetto inoccupato ha un costo di poco più di 26mila euro (15.878 x 0,33 x 5).

 

Il pagamento. L'onere finanziario può essere versato in unica soluzione oppure in 120 rate mensili, senza l'applicazione d’interessi per la rateizzazione. Il mancato pagamento dell’importo in unica soluzione o del versamento della prima rata è considerato dall'Inps come rinuncia alla domanda che viene, quindi, archiviata dall’Istituto di previdenza senza ulteriori adempimenti. La rinuncia non preclude però la possibilità di presentare una nuova domanda di riscatto per lo stesso titolo e periodo. In questo caso l’onere di riscatto verrà rideterminato con riferimento alla data della nuova domanda. 

 

I vantaggi del riscatto. I contributi da riscatto hanno la stessa validità ai fini pensionistici di quelli versati in costanza di attività lavorativa. Essi sono, pertanto, utili sia ai fini del perfezionamento dei requisiti contributivi richiesti per l'accesso a tutte le prestazioni pensionistiche. In sostanza, il riscatto può aiutare a raggiungere i requisiti contributivi per la pensione anticipata o per raggiungere i 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia, sia per determinare l’importo della stessa pensione.

Per valutare la convenienza del riscattante occorre sicuramente tenere conto della componente fiscale, che assume un ruolo fondamentale nella scelta. Infatti:

1) per i lavoratori, il contributo è fiscalmente deducibile dal reddito complessivo (cioè è dato dall’aliquota marginale Irpef pagata dall’interessato);

2) per i disoccupati invece, il contributo è detraibile nella misura del 19% dell’importo stesso, dall’imposta dovuta dai soggetti nei confronti dei quali l’interessato risulti fiscalmente a carico. Si pensi ad esempio ai giovani che in attesa di trovare un lavoro, vedono riscattarsi il periodo di laurea da propri genitori, fruendo così della relativa detrazione. 

 

Il riscatto agevolato del decretone. Riscatto della laurea agevolato per tutti, senza limiti di età. Il cosiddetto “decretone”, nella sua versione finale (legge n. 26/2019) ha tolto il limite di età dei 45 anni per accedere al recupero degli anni universitari a un costo agevolato, di poco superiore ai 5mila euro l’anno; in pratica, come vien previsto per chi non ha ancora cominciato a lavorare.  Ma c’è un paletto che, di fatto, rende improbabile l’accesso alla misura per chi ha superato la soglia dei 45 o, ancor di più, dei 50 anni.

La condizione è che il periodo di riscatto agevolato si collochi dopo il 31 dicembre 1995, riferito cioè a chi rientra in pieno nel sistema di calcolo “contributivo”. È come dire che il riscatto agevolato della laurea riguarda solo per gli anni di corso dal 1996 in poi.

Vediamo il caso di un 50enne, diplomato nel 1988: se ha iniziato l’università nel 1989, concludendola nel 1993, non potrà beneficiare del riscatto agevolato, perché si è laureato “troppo presto”.

Prendiamo invece un 45enne: nato nel 1974 potrà sì riscattare gli anni di corso a un costo agevolato, ma solo per gli anni dal 1996 in poi, solo due anni o poco più.

Di fatto, il nuovo riscatto agevolato può essere pienamente utilizzata da chi è nato dal 1977 in avanti e si è iscritto all’università proprio nel 1996: beneficio pieno, dunque, per tutti gli under 42enni.  Certo possono esserci casi limite di persone che si sono iscritte tardi all'università e laureate avanti con gli anni, però si tratta di una quota residuale però rispetto al totale dei laureati con più di 45 anni.


Un’alternativa. Una nota dell’Inps (circolare n. 36/2019) tiene a precisare che il nuovo riscatto “soft” rappresenta solo una facoltà aggiuntiva. Gli interessati possono, cioè, scegliere di versare l'onere con le precedenti regole, prendendo a riferimento la retribuzione dell'ultimo anno. La nuova facoltà, inoltre, riguarda esclusivamente le domande presentate dal 29 gennaio 2019. Non è possibile, quindi, rideterminare l'onere rispetto a domande di riscatto che siano già state trattate.

Tuttavia, se è iniziato il pagamento rateale, l'Istituto dice che si può interromperlo, ottenere l’accredito del periodo corrispondente alla quota versata del capitale come già determinato, e presentare una nuova domanda per il restante periodo del corso di studi. Se il riscatto non si è ancora perfezionato con l’accettazione dell’onere, si può ritirare la richiesta in questione e proporne una successiva, sapendo che i criteri di calcolo dell’onere terranno conto della nuova data di presentazione della domanda.

 

www.inps.it

Leonardo Comegna