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  • Un ampio speciale sul riscatto della laurea

PENSIONE: UNA GUIDA INPS SUL RISCATTO

L'Inps fa il punto sul riscatto della laurea. La materia recentemente è stata oggetto d’interventi normativi, prima con il famoso “decretone” (n.4/2019) e poi con la legge di conversione (n. 26/2019). L’ampia panoramica dell'Istituto di previdenza è contenuta in una circolare, la 106 2019, emessa nei giorni scorsi. Vediamo in dettaglio.

 

Periodi scoperti. È una possibilità che permette di riscattare, in via sperimentale per il triennio 2019-2021 e nella misura massima di cinque anni, periodi non soggetti a obbligo contributivo e non già coperti da contribuzione, comunque versata e accreditata, presso forme di previdenza obbligatoria. Facoltà esercitabile da tutti i lavoratori (esclusi i professionisti iscritti a Casse autonome) privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.

Come detto, possono essere riscattati (in tutto o in parte nella misura massima di 5 anni, anche non continuativi), i periodi successivi al 31 dicembre 1995 e precedenti al 29 gennaio 2019. Il periodo dev’essere compreso tra l'anno del primo e quello dell'ultimo contributo comunque accreditato (obbligatorio, figurativo, da riscatto). In sostanza, il periodo da ammettere a riscatto non dev’essere coperto da contributi obbligatori, figurativi, volontari o da riscatto, non solo presso il fondo cui è diretta la domanda stessa, ma anche in qualsiasi forma di previdenza obbligatoria.

Inoltre, è bene rimarcarlo, sono riscattabili soltanto i periodi non soggetti a obbligo contributivo. In proposito, l'Inps sostiene che la facoltà in questione non può essere utilizzata per valorizzare periodi d’inadempienze contributive da parte del datore di lavoro (il lavoro nero), già disciplinato da una specifica normativa. I periodi di lavoro caduti in prescrizione possono essere infatti già recuperati (con una legge del 1969), sia da parte dell'azienda, sia dall'interessato, se l'azienda non esiste più.

 

I costi. L'onere relativo è quindi determinato con il meccanismo del calcolo a “percentuale”, applicando l'aliquota contributiva di finanziamento in vigore alla data di presentazione della domanda nella gestione pensionistica ove opera il riscatto. La base di calcolo dell'onere è costituita dalla retribuzione assoggettata a contribuzione nei 12 mesi precedenti la domanda ed è rapportata al periodo oggetto di riscatto. Questa retribuzione è attribuita temporalmente e proporzionalmente ai periodi riscattati.

In altre parole, per ogni anno da riscattare bisogna prendere a riferimento l'imponibile contributivo degli ultimi 12 mesi e la retribuzione o reddito, e poi calcolare l'aliquota vigente nella gestione previdenziale a cui si appartiene: 33% i dipendenti e 24% gli autonomi. L'onere versato è detraibile dall'imposta lorda nella misura del 50%, con una ripartizione in 5 quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento e in quelli successivi. Il versamento dell'onere può essere effettuato in unica soluzione oppure in un massimo 120 rate mensili, ciascuna d’importo non inferiore a 30 euro, senza applicazione d’interessi.

 

Un aiuto da azienda e fisco. Per i lavoratori del settore privato, la domanda di riscatto può essere presentata anche dal datore di lavoro, utilizzando i premi di produzione spettanti al lavoratore interessato.  In tal caso, l'onere versato è deducibile dal reddito d’impresa.

Praticamente, il lavoratore e l’azienda possono decidere di destinare il premio di produzione al riscatto dei periodi non coperti da contribuzione. Per quanto riguarda l’agevolazione fiscale, si realizza così un doppio vantaggio. Il datore di lavoro può dedurre il costo del riscatto, così come può dedurre il premio di produzione normalmente erogato. Ma anche il lavoratore può vedersi escludere da tassazione il premio di produzione versato come contributi da riscatto. In questo caso non vi sarà quindi una detrazione del 50% dell’onere in favore del lavoratore (in quanto non sostiene lui l’onere), ma una deducibilità totale dei contributi previdenziali, come normalmente previsto per le somme utilizzate per i riscatti.

Poniamo il caso che il lavoratore abbia diritto ad un premio di produzione di 2.000 euro, egli può decidere di riscattare alcuni mesi di buchi contributivi tramite l’azienda. Quest’ultima avrebbe un costo deducibile dal reddito d’impresa di 2.000 euro. Il lavoratore si vedrebbe detratto dal reddito imponibile fiscale la cifra di 2.000 euro, che non rientrerà neanche nell’ipotesi di detassazione dei premi di produzione (aliquota sostitutiva del 10%). Laddove il lavoratore avesse deciso di riscattare in proprio tali contributi, versando i 2.000 euro di tasca propria, avrebbe percepito in cinque anni d’imposta, una detrazione di 1.000 euro complessivi, ossia 200 euro all’anno. Il premio di produzione percepito dal datore di lavoro seguirebbe il normale percorso di detassazione al 10% (200 euro di tassazione versata) o di aliquota ordinaria Irpef in caso di mancato accordo per la detassazione.

 

Riscatto della laurea. Normalmente durante gli studi universitari lo studente non svolge alcuna attività lavorativa. Per questo il nostro ordinamento considera meritevole di una particolare tutela previdenziale l'impegno dello studente, consentendogli il recupero di questi periodi ai fini pensionistici. Per poter effettuare il riscatto del periodo del corso legale di laurea sono necessari i seguenti requisiti:

1) il conseguimento del titolo di studio;

2) l’assenza di copertura contributiva in relazione al periodo da riscattare;

3) non aver chiesto il riscatto presso un altro ente previdenziale.

Possono essere oggetto di riscatto i periodi legali per il conseguimento di:

1) i diplomi universitari (corsi di durata non inferiore a 2 anni e non superiore a 3);

2) i diplomi di laurea degli ordinamenti anteriore al 1999 (corsi di durata non inferiore a 4 e non superiori a 6) e degli ordinamenti universitari post 1999 (lauree triennali e specialistiche);

3) i diplomi di specializzazioni post laurea; dottorati di ricerca;

4) i diplomi rilasciati da istituti di alta formazione artistica e musicale.

Inoltre, se il titolo di studio ha valore legale in Italia, si può riscattare anche la laurea   conseguita all’estero. Non possono invece essere riscattati i periodi d’iscrizione fuori corso.

 

La domanda. Può essere inoltrata in qualsiasi momento (non è soggetta a termini di decadenza),  e può riguardare anche un periodo inferiore a quello del corso legale di laurea. Il caso più frequente di riscatto parziale è quello di concomitanza tra servizio militare e frequenza universitaria. Un esempio per capire meglio. Il dottor Rossi, funzionario di banca, si è laureato in economia e commercio (4 anni). Durante gli studi ha prestato il servizio militare per 12 mesi. Dal momento che la “leva” viene accreditata figurativamente (senza alcun onere, quindi), il dottor Rossi può fare la domanda all’Inps per il riscatto di soli 3 dei 4 anni di studi universitari di economia.

Considerando che, tra laurea triennale e specialistica, il periodo di permanenza presso un’università può essere oggi di cinque anni, senza contare eventuali altri corsi o master, è di tutta evidenza che poter inserire i periodi di studio nel proprio fascicolo previdenziale rappresenta un vantaggio non trascurabile.

 

Quanto si spende. Il costo del riscatto varia a seconda del regime previdenziale in cui si è inquadrati: retributivo (per chi ha 18 anni al 31-12-1995), misto (retributivo sino al 2011 e contributivo dal 2012 in poi) e solo contributivo (chi è iscritto alla previdenza obbligatoria dal primo gennaio 1996).

Il costo “retributivo”. Nel sistema retributivo l’onere da sostenere, consiste nel versamento di una somma, definita tecnicamente riserva matematica, che serve all’ente previdenziale per coprire l’incremento di pensione che scaturisce dal riscatto. Si tratta, in altri termini, della quantità di capitale necessaria al fondo pensione per costituire una riserva tale da coprire il maggior onere finanziario derivante (in futuro) dall’aggiunta, nel calcolo della pensione, degli anni riscattati a quelli coperti da contribuzione obbligatoria.

Le modalità di conteggio della riserva matematica sono piuttosto complesse e il risultato (la somma da versare) dipende da vari elementi tra cui il sesso, l’età e la retribuzione alla data della domanda. Le donne, per esempio, pagano più degli uomini, perché fruiscono del vantaggio (la pensione maggiorata dai periodi riscattati) qualche mese prima. In linea generale si può dire che più bassa è la retribuzione e più giovane l’età del richiedente, meno si paga.

La determinazione della riserva matematica avviene attraverso quattro operazioni:

1) calcolo della pensione annua “teorica” maturata alla data della domanda di riscatto, senza tenere conto del periodo da aggiungere;

2) calcolo della pensione annua “teorica” maturata alla data della domanda di riscatto, con l’aggiunta del periodo da riscattare;

3) calcolo dell’incremento di pensione, ossia la differenza tra la rendita con riscatto e quella senza riscatto;

4) applicazione all’incremento di pensione (in pratica il punto 3 meno il punto 2) dei coefficienti di capitalizzazione, variabili in base alle caratteristiche (età, sesso e così via) di chi ha chiesto il riscatto. I coefficienti di capitalizzazione sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale (Supplemento ordinario) n. 258 del 6 novembre 2007.

 

Il costo “contributivo”. Il conteggio è decisamente più facile se i periodi da riscattare, collocati dopo il 31 dicembre 1995, rientrano nel calcolo contributivo della pensione. In questi casi la spesa da sostenere non viene più determinata con il meccanismo della riserva matematica, ma applicando semplicemente alla retribuzione dell’anno precedente la domanda, l’aliquota contributiva obbligatoria del momento. 

Un dipendente, per esempio, per ciascun anno da recuperare deve sborsare il 33% della sua retribuzione. Facciamo un esempio. Il signor Rossi, giovane neoassunto, pensa di riscattare la laurea breve (tre anni). Il suo primo stipendio annuo è di 24.000 euro. Per sapere quanto gli costa il riscatto è sufficiente che calcoli il 33% di 24.000 e moltiplichi il risultato per i tre anni di università. In totale deve spendere 23.760 euro. Anche in questo caso si può vedere che la spesa è tanto minore quanto prima si chiede il riscatto (ipotizzando, ovviamente, che al passare del tempo la retribuzione continui a crescere).

 

In attesa di lavoro. Il riscatto del periodo di studi è ammessa anche per i soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l'attività lavorativa. In quest’ipotesi l'onere finanziario è determinato dal versamento di un contributo, per ogni anno da riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo previsto per le gestioni dei commercianti (15.878 euro al valore 2019), moltiplicato per l’aliquota di computo stabilita per i lavoratori dipendenti (33%). Per esempio, il riscatto di 5 anni di studio per un soggetto senza occupazione ha un costo di poco più di 26mila euro (15.878 x 0,33 x 5).

 

Il pagamento. L'onere finanziario può essere versato in unica soluzione ovvero in 120 rate mensili senza l'applicazione di interessi per la rateizzazione. Il mancato pagamento dell’importo in unica soluzione o del versamento della prima rata è considerato dall'Inps come rinuncia alla domanda che viene, quindi, archiviata dall’Istituto di previdenza senza ulteriori adempimenti. La rinuncia non preclude però la possibilità di presentare una nuova domanda di riscatto per lo stesso titolo e periodo. In tal caso l’onere di riscatto verrà rideterminato con riferimento alla data della nuova domanda. 

 

I vantaggi del riscatto. I contributi da riscatto hanno la stessa validità ai fini pensionistici di quelli versati in costanza di attività lavorativa. Essi sono, pertanto, utili sia ai fini del perfezionamento dei requisiti contributivi richiesti per l'accesso a tutte le prestazioni pensionistiche. In sostanza, il riscatto può aiutare a raggiungere i requisiti contributivi per la pensione anticipata o per raggiungere i 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia. Sia ai fini della determinazione della misura della pensione.

Per valutare la convenienza del riscatto, occorre sicuramente tenere conto della componente fiscale, che assume un ruolo fondamentale nella scelta.

Infatti: 1) per i lavoratori in attività, il contributo è fiscalmente deducibile dal reddito complessivo (cioè è dato dall’aliquota marginale Irpef pagata dall’interessato); 2) per i disoccupati invece, il contributo è detraibile nella misura del 19% dell’importo stesso, dall’imposta dovuta dai soggetti nei confronti dei quali l’interessato risulti fiscalmente a carico. Si pensi ad esempio ai giovani che in attesa di trovare un lavoro, vedono riscattarsi il periodo di laurea da propri genitori, fruendo così della relativa detrazione. 

 

Il decretone. Riscatto della laurea agevolato per tutti, senza limiti di età. Il cosiddetto “decretone”, nella sua versione finale (legge n. 26/2019) ha tolto il limite di età dei 45 anni per accedere al recupero degli anni universitari a un costo agevolato, di poco superiore ai 5mila euro l’anno. Come stabilito per chi non ha ancora cominciato a lavorare.

Ma c’è un paletto che, di fatto, rende improbabile l’accesso alla misura per chi ha superato la soglia dei 45 o, ancor di più, dei 50 anni. La condizione è che il periodo di riscatto agevolato si collochi dopo il 31 dicembre 1995, riferito cioè a chi rientra in pieno nel sistema di calcolo “contributivo”. È come dire che il riscatto agevolato della laurea riguarda solo gli anni di corso dal 1996 in poi.

A conti fatti, la nuova misura del riscatto agevolato della laurea può essere pienamente goduta per chi è nato dal 1977 in avanti e si è iscritto all’università proprio nel 1996. Beneficio pieno dunque per tutti gli under 42enni.  Certo, possono esserci casi limite di persone che si sono iscritte tardi all'università e laureate avanti con gli anni. Una quota residuale però rispetto al totale dei laureati con più di 45 anni.

 

Alternativa. L’Inps ha peraltro precisato che il nuovo riscatto agevolato rappresenta solo una facoltà aggiuntiva. Gli interessati possono, cioè, scegliere di versare l'onere con le precedenti regole, prendendo a riferimento la retribuzione dell'ultimo anno. La nuova facoltà, inoltre, riguarda esclusivamente le domande presentate dal 29 gennaio 2019. Non è possibile, quindi, rideterminare l'onere rispetto a domande di riscatto che siano già state trattate.

uttavia, se è iniziato il pagamento rateale, l'Istituto dice che si può interromperlo, ottenere l’accredito del periodo corrispondente alla quota versata del capitale come già determinato, e presentare, per il periodo del corso di studi residuo, una nuova domanda. Se il riscatto non si è ancora perfezionato con l’accettazione dell’onere, si può ritirare la richiesta in questione e proporne una successiva, sapendo che i criteri di calcolo dell’onere terranno conto della nuova data di presentazione della domanda.

 

www.inps.it

Leonardo Comegna