PENSIONI 2024, PIÙ DIFFICILE ANTICIPARE LA RISCOSSIONE
Nel 2024, i cambiamenti previsti sulle pensioni comportano decisi ritardi rispetto alle previsioni. Soprattutto sulle penalizzazioni a cui i lavoratori dovranno sottostare per lasciare il posto di lavoro.
Sono stati prorogati per tutto il 2024, con alcune modifiche, gli strumenti di anticipo pensionistico già esistenti: Quota 103, Ape sociale e Opzione Donna. Rinnovato il Bonus Maroni, incentivo che prevede una decontribuzione di circa il 10% per chi, pur avendo i requisiti per lasciare il lavoro, decide di rimandare. Tracciamo quindi una mappa dei nuovi meccanismi tenendo conto delle classi di età dei potenziali pensionati.
Quota 103. Confermata, come detto, Quota 103, somma di 62 anni di età e 41 di contributi. Potranno lasciare il lavoro anche i nati nel 1962.
Le finestre. I lavoratori che raggiungeranno l'età pensionabile rischiano però di dover attendere di fatto il 2025. per via delle ormai famose “finestre mobili”, il tempo che intercorre tra la data di maturazione dei requisiti e quello dell’effettivo pagamento del primo assegno Inps. Sì, poiché le nuove finestre fanno slittare il pensionamento in avanti di sette mesi (di nove i dipendenti pubblici).
La nuova Ape sociale. Con il 2024 entrano nell’area di accesso all’Ape sociale i nati nel 1961. Ma non tutti potranno utilizzare questo strumento. A causa dell’aumento del requisito dell’età da 63 a 63 anni e cinque mesi, potranno effettivamente chiederlo i nati nel 1961 che compiono gli anni fino a luglio. Gli altri potranno incassare l’assegno solo dal 2025.
Con le nuove regole saranno esclusi dal canale di uscita anche gli appartenenti alle 23 ulteriori categorie di lavoratori che svolgono attività gravose inserite due anni fa, come i professori di scuola primaria, i tecnici della salute e le estetiste.
Opzione donna. Sale da 60 a 61 anni il requisito anagrafico per il prepensionamento riservato alle lavoratrici in condizioni di fragilità, cioè le caregiver (chi si prende cura di un familiare disabile nell’ambito domestico), invalide almeno al 74%, dipendenti o licenziate da imprese in crisi. Pertanto, Opzione donna proseguirà, anche nel 2024, a essere una chimera per la maggior parte delle lavoratrici.
La nuova legge di Bilancio, pur prorogando la misura di un anno, conferma la stretta attuata dal 1 gennaio 2023. Accentuando, peraltro, il requisito anagrafico che nel 2024 passa a 61 anni.
In altre parole, non ci saranno nuovi accessi, salvo per quelle lavoratrici che nel 2023 hanno raggiunto il requisito contributivo di 35 anni. Per quanto riguarda le licenziate o dipendenti da imprese in crisi, potranno accedere con 59 anni e 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2023 a prescindere dal numero di figli.
I precoci. Quello dei precoci (coloro che hanno cominciato a lavorare per almeno 12 mesi prima dei 19 anni ) rappresenta il solo canale d’uscita che viene confermato in tutte le sue caratteristiche. Sempre che rientrino nelle categorie dell’Ape sociale.
Pensioni dei giovani. E veniamo alle pensioni dei giovani. Cioè coloro che hanno iniziato lavorare dopo il 31 dicembre 1995. Con l’ultima legge di Bilancio sono stati modificati gli “importi soglia” previsti per la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia e anticipata.
Per la prima, il valore minimo, finora 1,5 volte l’assegno sociale (nel 2023 di 50,03 euro), viene stabilito pari a quest’ultimo con coefficiente di uno, ferma restando l’ipotesi di un valore più elevato in base alle variazioni medie quinquennali del prodotto interno lordo.
Resta fermo che questa condizione non si applica al compimento di un’età anagrafica più elevata (attualmente pari a 71 anni) rispetto al requisito generale per la pensione di vecchiaia (67 anni) e sempre che sussista uno specifico requisito di contribuzione effettiva (cinque anni).
Per il trattamento anticipato (attualmente 64 anni di età e 20 anni di contributi), l’importo soglia, finora pari a 2,8 volte l’assegno sociale, viene rideterminato.
I coefficienti moltiplicatori diversificati sono di: tre volte l’assegno sociale per le donne senza figli e per gli uomini; 2,8 per le donne con un figlio; 2,6 per le donne con almeno due figli, ferma restando l’ipotesi di un valore più elevato in base alle variazioni medie quinquennali del prodotto interno lordo.