PENSIONI DI GUERRA, NEL 2021 SOLO LO 0,79% IN PIÙ
Sono aumentati dello 0,79% i trattamenti a favore dei circa 300mila beneficiari di pensione di guerra. I nuovi importi maggiorati (vedi tabella allegata) si traducono in circa 5 euro al mese in più per gli invalidi di prima categoria e 1 euro per l’ottava. Con la riforma del 1986 l’aggiornamento annuale è automatico, e viene calcolato sulla base della differenza dei due indici: costo del lavoro e costo della vita.
Il criterio di adeguamento incide anche sul limite di reddito da utilizzare in alcune circostanze come condizione per il riconoscimento d’indennità o assegni (è il caso degli assegni spettanti ai superstiti collaterali). Il limite utile per il 2021, riferito al reddito Irpef, è fissato in 17.441,13 euro annui. Grazie a una legge del 1991, per alcune specifiche invalidità è possibile richiedere un accompagnatore da scegliere (anche nominativamente) tra i militari, oppure tra i giovani che optano per il servizio civile in luogo del servizio militare di leva. Per ottenere l’accompagnatore, l’invalido di guerra deve comunque risultare insignito di medaglia d’oro al valore militare.
Assegni al valore. L’assegno annuo riferito alla medaglia d’oro raggiunge quest’anno i 5.334,41 euro, pari a 444,37 euro al mese. I decorati di medaglia d’argento otterranno invece un miglioramento di 7,43 centesimi al mese. È solo di 2,32 euro al mese l’aumento del compenso per chi durante la guerra si è meritato una medaglia di bronzo; mentre i decorati di croce di guerra quest’anno potranno contare su 15 euro mensili. Si tratta di assegni che, anche se conferiti per atti compiuti in tempo di pace, sono esenti da imposte. Tutti questi vitalizi sono devoluti, nella stessa misura e alle medesime condizioni, ai congiunti aventi diritto alla pensione di reversibilità.
Non fanno reddito. La stessa legge del 1991, di cui si è detto, ha anche stabilito in modo definitivo che i trattamenti pensionistici di guerra hanno natura esclusivamente risarcitoria. Ciò significa che le somme percepite a tale titolo (pensioni, assegni e indennità varie) non sono da considerarsi reddito. Di conseguenza, non devono essere computate tra i redditi né ai fini fiscali, né ai fini previdenziali (integrazione al Trattamento minimo delle pensioni, ecc.).